Mostra “IO SONO GLI ALTRI – corale per un ricordo” 2019

Sarà la splendida cornice settecentesca della Chiesa della Resurrezione di Crescentino ad ospitare dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 la nuova personale di Maria Giulia Alemanno dal titolo IO SONO GLI ALTRI – corale per un ricordo. La ex confraternita dell’antico cimitero entro le mura, restituita  in primavera alla comunità dopo lunghi e complessi interventi di  restauro e risanamento conservativo,  è lo spazio ideale per accogliere le opere di un’artista che nel suo paese d’origine ha iniziato una ricerca pittorica che l’ha condotta lontano.
Ormai spogliata di ogni suo arredo e trasformata dal tempo in un grandioso affresco informale,  la navata appare come un armonico guscio vuoto risolto nei toni grigi,  verdi e rosati di un intonaco che, in più punti, lascia scoperto il rosso dei mattoni. Qui, lungo le pareti laterali, per la prima volta riunite in una mostra, verranno collocate le dodici tavole, ognuna di un metro di base per un metro e ottanta d’altezza,  realizzate in acrilico da  Maria Giulia Alemanno per la scenografia della “Sacra Rappresentazione di San Rocco” che Franco Lucà, indimenticabile fondatore del Folk Club di Torino, volle mettere in scena al Forte di Exilles nel settembre del 2001. Fu una grandiosa kermesse che vide confluire tra le montagne dell’ Alta Val di Susa musicisti, attori, cantanti, giocolieri e saltimbanchi del nord e sud d’Italia, convinti della necessità di amalgamare ogni forma di Arte.  L’appuntamento  si ripeté fino al 2008 con il nome di “Piazza Profana” e sempre ebbe come simbolo  la coppia di musicanti della quinta tavola, gli stessi a cui è ora affidato il compito di  riproporre il ricordo e il messaggio nella mostra di Crescentino.

“ L’esperienza di Exilles – spiega Maria Giulia Alemanno – mi insegnò quanto sia importante anteporre il valore della realizzazione collettiva alla propria vanità personale. ‘IO SONO GLI ALTRI’, significa questo. Siamo tutti in cammino lungo sentieri spesso scoscesi ed impervi, un  procedere che  esclude ogni forma di autocompiacimento ed autocelebrazione. Se ci si ferma è   per ammirare il paesaggio o per comunicare con chi percorre la nostra stessa strada, mai per immortalare il nostro ego. Il sottotitolo “corale per un ricordo”, ribadisce la necessità di identificarsi con gli altri viandanti ed insieme lega le mie figure di montanari al proseguimento della straordinaria avventura di Exilles. Qualche mese dopo lo spettacolo, Franco Lucà decise infatti di   portare le tavole nella  mitica sede del  Folk Club  dove rimasero fino al 2010 come un coro pittorico per accompagnare musicisti di  rilevanza nazionale, internazionale e mondiale, onorati di esibirsi nel piccolo tempio della musica di via Perrone. Credo che nessuna opera artistica  sia impregnata di musica etnica, folk, blues, jazz, acustica, popolare, d’autore, di protesta, sperimentale, quanto questo ciclo di dipinti legato al Mondo dei Vinti.
Chi hanno conosciuto i miei umili valligiani? Francesco Baccini,  la Piccola Orchestra Avion Travel, Peppe Barra, Gian Maria Testa, gli Inti Illimani, Donovan, James Senese e Napoli Centrale, Teresa De Sio, Oregon, Eugenio Finardi, Pete Seeger, i Klezmatics, Vinicio Capossela, per citarne alcuni. E naturalmente i Cantambanchi, lo storico gruppo di folk progressivo con cui ho condiviso  ideali, emozioni ed un lungo periodo di creatività”.
                                                          

Proprio alle atmosfere delle ballate dei Cantambanchi è ispirato il grande dipinto ad olio, quasi una povera pala d’altare che Maria Giulia Alemanno ha realizzato espressamente per la mostra nella Chiesa della Resurrezione, utilizzando come base le quattro ante di un vecchio paravento e una tavolozza limitata a quattro colori.  I ventuno personaggi della scenografia di Exilles si muovono all’esterno. In sei tavole  avanzano all’imbrunire tra i prati e i sassi degli alpeggi,  nelle altre sei guardano la scena da dietro una siepe, volgendo le spalle allo spettatore. Qui invece ci troviamo proiettati nella luce rosata di  un’umile cucina,  latte e polenta, il camino acceso, un cesto di mele, noci e castagne. E sette figure immobili, intimamente legate seppure  perse nei propri pensieri. La scena è dominata dalla figura di un vecchio imponente, forse ormai un fantasma avvolto in un tabarro nero, a cui fa da contrappunto   una giovane donna che tiene tra le braccia un bimbo appena nato. Non a caso, analizzando l’opera di Maria Giulia Alemanno, il critico d’arte Massimo Olivetti parla di “Realismo Magico”, “la capacità di vedere e rappresentare la straordinarietà e l’eccezionalità  di apparentemente  ordinarie persone e cose. E così figure di pastori, contadini, malgari, montanari, si trasformano, circondate dal contorno scenico delle montagne, in un potente coro, in un canto corale, che avvolge l’interno semplice e misterioso di una baita e di una nuova vita che si offre a noi e al mondo”.

Maria Giulia Alemanno

Lascia un commento